Manifesto Iperespressionista:
L’iperespressionismo nasce in Italia grazie all’intuizione del critico d’arte David Miliozzi che, analizzando le tendenze artistiche degli ultimi anni, orienta e sintetizza la nuova moderna deriva di alcuni artisti operanti in centri culturalmente e geograficamente molto diversi, unificandoli in una nuova corrente artistica.
L’atavico sentimento di rottura rispetto al presente è più forte che mai, diventa necessario il recupero di un rapporto con la propria spiritualità, il filo conduttore che accorda la voce interiore dell’artista alla sua opera.
Le iniziali cinque mostre previste avranno cinque spazi espositivi differenti, collocati in cinque città diverse, da Roma a Macerata, per poi internazionalizzare il movimento con le esposizioni di Londra, Berlino e Parigi. Venerdì 29 gennaio 2016, alle ore 18.30, presso la TAG_Tevere Art Gallery di Roma, c’è stato il vernissage della prima mostra del movimento Iperespressionista, attraverso l’opera di due degli artisti che hanno aderito al movimento: Fosco Sileoni e Iacopo Maria Fiorani hanno presentato in esclusiva i loro lavori, in un dialogo serrato che dà corpo a un dittico di potente valenza creativa.
Si tratta del battesimo espositivo dell’Iperespressionismo, movimento artistico nato dalle braci della Biennale di Venezia curata da Massimiliano Gioni, Il Palazzo Enciclopedico, e che da tale Biennale riprende il tentativo di andare alle origini del processo creativo.
L’intuizione è che il periodo artistico che stiamo vivendo prospetti nuovi scenari sul mondo dell’arte, riflettendo sulla possibilità che l’arte contemporanea, così come viene intesa nei manuali di storia dell’arte, abbia esaurito la sua voce a seguito dei profondi cambiamenti culturali portati dalla rivoluzione politico/tecnologica avvenuta in questi anni, e ad essa debba sostituirsi un nuovo modo di concepire il fare arte.
Bisogna ormai cominciare a relazionarsi col presente artistico con nuove categorie, ormai non riscontrabili nell’epoca che ci stiamo lasciando alle spalle.
L’Iperespressionismo rappresenta innanzitutto un tentativo di procedere in questa direzione, cercando di proporre con il proprio Manifesto strade percorribili e artisticamente feconde.
Gli artisti coinvolti provengono da molte zone del mondo, naturalmente anche dall’Italia, e fanno una profonda riflessione sull’essere umano ab origine, creatura che dal paleolitico al postumano, è stato, è, e sempre sarà un animale simbolico che attraverso una atavica volontà di trasformare le emozioni in simboli afferma la propria identità e sublima la propria natura.
Dal reperto di Tan Tan, passando per le grotte di Altamira e Lascaux fino ai giorni nostri, lo tsunami evolutivo non ha scalfito la profonda pulsione dell’essere umano di interrogarsi attraverso un’arte che esprima, o meglio iperesprima la propria contraddittoria natura.
In controtendenza rispetto ad un epoca di dilagante digitalizzazione informatica, di superficiale frammentazione dei rapporti sociali, di fruizione artistica ormai trasformata anch’essa in consumo quotidiano, l’iperespressionismo pone l’accento sull’accresciuta solitudine dell’uomo.
Da qui l’infinita e spasmodica ricerca del senso, da ricercare nella capacità dell’arte di suggestionare ancora, nella sua emotiva potenzialità comunicativa.
Il simbolo iperspressionista è di forte impatto emotivo, a volte accompagnato dalla violenza del gesto espressivo, meditatamente istintivo.
L’artista iperespressionista usa voracemente i materiali e le tecniche per la sua ricerca, partendo da una matrice di informalismo esistenziale e privo di pregiudizi legati alla realtà e alla surrealtà, fino a far trapelare indifferenza verso il mondo esteriore percepito.
L’iperespressionismo segue la stella polare dell’originarietà come ritorno alle radici dell’espressività e quindi della propria umanità.
Gli artisti iperespressionisti si pongono tra i propri obiettivi l’abbattimento delle barriere della coscienza che separano la voce interiore dell’artista dall’universo. Tutto è svelato nella totalità dell’epifania creativa.
Il vissuto interiore è sempre irrisolto e conflittuale, l’unica possibilità è trascenderlo in materia, simbolo o segno, scandagliare la ricerca di un equilibrismo cromatico di ombre e luce, traît d’union fra conscio e inconscio, normalità e diversità, fisico e metafisico, suggestione e shock. Disvelamento e isolamento urlano a turno le loro ragioni, ora simbiotici, ora antitetici.
La radice espressionista germoglia qui in un turbine nuovo, dal carattere fortemente evocativo, “iperbarocco di sentimentirupestri e clandestini”, un continuo “non detto”, una vibrazione afona e destrutturante che scuote la coscienza, che accantona la realtà e ogni suo patetico tentativo di rappresentarla.
Gli artisti iperespressionisti concepiscono l’ispirazione come respiro neonatale, universale, rivitalizzano gli archetipi attraverso un panteismo iperestetico che celebra l’autobiografia fino a farla sprofondare negli strati dimenticati della terra; la pulsione psichica viene espressa da gesti tellurici che diventano la registrazione di un momento di vita dell’artista, una sorta di personale diario emotivo.
L’opera non nasce da un progetto ma da un processo di improvvisazione spirituale per prove ed errori. In pittura, scultura, fotografia, performance, istallazione, non conta come arrivare alla compiutezza dell’opera, ma il viaggio che intercorre per la sua realizzazione. Cambia il medium che diventa un semplice tramite fra l’emotività dell’artista e l’opera. Un viaggio remoto, speleologico, solitario, psichedelico.
Sintetizzando la matrice espressionista all’esperienza Gutai, fondendo la rivoluzione informale alle sperimentazioni della body art, esplode la gestazione iperespressionista e vengono spezzate le catene della mente, si punta decisi ad un’arte che esca dai canoni della codificazione e della catalogazione, un’arte capace di far rivivere la catarsi delle grandi tragedie greche,in cui ogni gesto artistico è unico e irripetibile, in cui la forza spirituale dell’artista si innalza verso una nuova reductio ad Unum.